L’ABITO-BATTERIA IN FIBRA DI CARBONIO CHE RICARICA LO SMARTPHONE

La rivoluzione è iniziata. Nel prossimo futuro la produzione industriale potrebbe avvalersi di uno degli elementi chimici più abbondanti in natura: il carbonio. Leggero, estremamente resistente, in grado di condurre elettricità e non risentire del calore, secondo gli esperti potrebbe fra non molto essere impiegato nei campi più disparati: dalle ali degli aerei ai farmaci ad azione mirata, ai sistemi di filtraggio dell’acqua e di produzione di energia. E, perché no, anche per realizzare vestiti, che, sfruttando le straordinarie proprietà dei nanotubi di carbonio, potranno ricaricare il nostro smartphone. Proprio a questo scopo l’Università di Cincinnati (Uc) e i laboratori militari dell’Air Force Research stanno collaborando per mettere a punto un sistema per ottenere chilometri di nanotubi di carbonio.

Una delle problematiche principali che rallenta la corsa al carbonio, però, è che produrre i nanotubi non è un processo così semplice, soprattutto da esportare su scala industriale.

I ricercatori del laboratorio Nanoworld della Uc, diretto da Vesselin Shanov e Mark Schulz, stanno perciò lavorando per l’ottimizzazione del processo di produzione a secco dei nanotubi: all’interno di un reattore gli scienziati introducono un gas di carbonio che, grazie alle elevate temperature, si condensa intorno a un punto di nucleazione su un wafer di silicio ricomponendosi nel nanotubo che via via si accresce. Poi il wafer su cui si sono condensati i nanotubi viene trasferito su una bobina e filato proprio come una fibra tessile.

Una volta ottenuta la fibra di carbonio, dicono i ricercatori, “potremo usare i nanotubi pervarie applicazioni: dai sensori per rintracciare i metalli pesanti fino ai super condensatori e alle batterie”. Ma uno dei risvolti in elaborazione insieme all’Air Force Research Laboratory è la creazione di indumenti militari che fungano da batterie, in grado di sostituire almeno in parte quelle che i soldati si portano addosso per alimentare i dispositivi elettronici di cui necessitano. Se si tiene conto che un terzo del peso dell’equipaggiamento di un militare è dovuto alle batterie, lo sviluppo di simili indumenti hi tech darebbe un notevole vantaggio sul campo, sostengono gli ingegneri.

Il sistema di produzione dei nanotubi del Nanoworld Laboratory sembra promettere bene e finora è stato in grado di produrre fino a 50 metri di filo di nanotubi alla volta. Ma, come si può immaginare, questo non è assolutamente sufficiente su scala industriale, dove una macchina tessile ha bisogno di chilometri di fibra. E oltretutto i costi al momento sono davvero proibitivi“Ci arriveremo”, dicono gli esperti. Ma non aspettatevi di vedere abiti hi tech in fibra di carbonio sulle passerelle milanesi e parigine ancora per diverso tempo.

Fonte: WIRED.it

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